Ricercatori italiani fuggono all’estero
Da un ultimo sondaggio è emerso che i ricercatori italiani, dopo la laurea, decidono di lasciare il bel paese per trovare fortuna all’estero.
Così facendo il Paese perde circa 250 milioni l’anno poiché nonostante ogni anno circa diecimila studenti raggiungano il titolo solo milletrecento trovano impiego.
Uno su otto lascia il paese ed il costo per la collettività è veramente alto, a partire dalle spese sostenute dallo Stato per preparare i ricercatori.
In media un giovane ricercatore ha una produttività di circa ventuno brevetti e questi equivalgono a 63 milioni di euro.
Solo nel 2017 i migliori venti ricercatori italiani hanno depositato fuori dalla nazione otto scoperte come autori principali. In termini di ricavo parliamo di circa 50 milioni di euro.
Oltre al danno economico c’è anche un ovvio danno per la competitività del nostro Paese pronto a formare professionisti di alto livello che andranno ad incrementare lo sviluppo di un’altra nazione.
Se la situazione fosse favorevole per entrambe le vie sarebbe un conto ma l’Italia non ha offerte lavorative competitive e per questo i dottori di ricerca stranieri non si trasferiscono nel nostro Paese, preferendo comunque altre nazioni rispetto la loro d’origine.
Il Crui (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) spiega come il 40% delle aziende italiane, che hanno investito in ricerca e sviluppo, di fatto poi non hanno inserito nel proprio organico figure professionali in possesso del titolo di Dottorato di ricerca.
Il Comitato per la valorizzazione del Dottorato avanzerà una proposta al viceministro dell’Università e della Ricerca affinché vengano stanziati dei fondi tali da cofinanziare le aziende italiane che assumono Dottori in ricerca.
Ci sarà d’ora in poi un incremento di assunzione di iperqualificati nelle nostre aziende? Staremo a vedere